- «Che si congiuri in Roma, è cosa vecchia» esclamò il Volpe spaventato dalle tremende rivelazioni, e poi stizzito, nel vedere ed udire, che un semplice mortale ne sapesse più dello stesso Capo di polizia - «ma che la contessa N.... creatura nostra, sì zelante sempre, siasi lasciata sedurre dal serpente, è ben straordinario, e duro fatica a crederlo».
«Io proverò coi fatti a V. S. che quanto dissi è vero, e chiedo anzi tutto l'appoggio possibile per far sventare la tremenda congiura che si prepara a distruggere fino alle fondamenta il santissimo tempio del Signore».
Come già cominciano a mutar tuono cotesti ministri di Dio; non sono più le porte dell'inferno, nè le legioni degli Arcangeli che essi invocano, ma spie, birri, ben pagate polizie, e non bastando tutto ciò invocano anche il soccorso di Maometto. Poveri impostori! sono veramente da compiangere, dopo d'aver trovato un mondo di stupidi, che sì grassamente li manteneva, esser essi minacciati d'esterminio dalle stesse loro pecore!
Dopo alcune intelligenze prese col Volpe e col suo generale, il gesuita congedossi; Volpe rimase ancora colla volontà di ciarlare, millantare i suoi servigi al potente suo ospite e persuaderlo che il Corvo operava finalmente sotto le sue ispirazioni. Il generale però, ben persuaso della capacità del monsignore, lasciò il poliziotto con tanto di naso, e con un pretesto futile, se la svignò nel suo gabinetto.
CAPITOLO XLI.
I TRECENTO.
Il naviganteChe veleggiò quel mar sotto l'Eubea
Vedea nell'ampia oscurità scintille
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I Mille
di Giuseppe Garibaldi
Tipogr. Camilla e Bertolero 1874
pagine 356 |
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