La città di Tivoli trovasi in posizione fortissima per chi l'assale da ponente, verso Roma, ma da levante essa è completamente dominata dai monti che le stanno a tergo. I Tivolesi non s'aspettavano tale visita; e siccome in questi tempi di rivoluzione e di congiure clericali, non mancava il timore; lumi, se ne vedeano alcuni a quell'ora, circa le 9 pom., ma la gente per le contrade era pochissima.
Al primo individuo che capitò nelle mani di Talarico, questi con poche cerimonie mise la mano al colletto - impose silenzio - e sommessamente chiese ove trovavasi la truppa. «Ahi!» - fu il primo grido dell'innocente paesano - quando sentì le graffe del tigre nel collo - poi: «Signor Piemontese!.....» quando s'avvide esservi molta forza, e secondo pare, sapevasi esser non lontano l'esercito settentrionale - «Signor Piemontese!, io sono amico vostro». Ed il poveretto era giustamente uno di quelli che intendevano per Piemontesi i liberatori, e non s'ingannava, toltone che i bravi figli del Piemonte, essi stessi credenti nella liberazione dei fratelli, non sapevano esser guidati dalla magagna Sabauda-Napoleonica.
«Amico, o non amico, tu hai da condurci ove si trovano i papalini - e subito!» era la risposta del fiero calabrese. E non v'era tempo da riflettere, ma ubbidire.
Due compagnie di zuavi pontifichaux formavano la guarnigione di Tivoli, e siccome a questa bordaglia piace l'Italia per i suoi vini, per le sue belle donne, particolarmente, a quell'ora ebbri per la maggior parte, erano anche quasi tutti presso le loro conquiste da trivio.
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I Mille
di Giuseppe Garibaldi
Tipogr. Camilla e Bertolero 1874
pagine 356 |
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