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      Soffrì di più la terza centuria che, caricando in coda, riceveva le cariche sfioranti le teste di coloro che precedevano. Essa ebbe la sensibile perdita di sei morti ed una dozzina di feriti, più o meno gravemente, tra cui il valoroso capitano con una palla in fronte che fratturò il cranio, ma non lo perforò, per fortuna, rimanendo il proiettile conficcato a guisa di verruca tra la cute e la parte ossea.
      Orazio cadde e lo si credette morto per un pezzo; solo dopo il combattimento, raccolto dai suoi per seppellirlo, si riconobbe che respirava ancora, e fu portato nella prima casa.
      Benchè molto più numerosi i soldati dei preti, non sostennero a lungo la mischia coi figli della libertà, ed incalzati a baionettate nelle reni, essi fuggirono verso la città, che sgombrarono immediatamente all'arrivo dei nostri.
      Alla folla dei fuggenti sanfedisti seguì altra folla - spettacolo veramente miserando - di fanciulli, donne e preti coperti di stole portando il Santissimo - come lo chiamano gl'impostori - implorando ed impetrando - lordi di sacrilegio - il concorso dell'Onnipossente all'esterminio degli eretici, nemici del re e della santa religione (la pancia di quei mostri).
      Avevan però mancato all'appello le legioni di angioli che i preti promettevano agl'imbecilli e che dovevano cacciare come nube al vento gli eserciti maledetti. E qui ci facevan l'onore d'immedesimarci coll'esercito condotto contro di noi da Farini.
      Non giungendo le legioni d'angeli e fuggendo, a rompersi il collo, quelle dei cafoni, i nostri rimasero padroni assoluti di Sora, ove prima cura fu quella dei feriti e poi quella di seppellire i morti.


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I Mille
di Giuseppe Garibaldi
Tipogr. Camilla e Bertolero
1874 pagine 356

   





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