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      Il più terribile della situazione dei militi della libertà, era il gran numero dei feriti - proporzionatamente all'esiguo numero degli avanzi dei trecento - ed era cotesto il maggiore dei pensieri dell'illustre capo.
      Abbandonarli quei prodi compagni feriti! - nemmeno per sogno, piuttosto perire tutti che lasciare alla ferocia del prete e de' suoi fanatici tante nobili vittime! - E così si fu obbligati di rimanere per alcuni giorni in Isernia, ove nulla si trovava perchè portato via o distrutto; ma almeno i sofferenti avevano un tetto da ricoverarsi dalle intemperie ed alcuni giacigli ove riposare le membra stanche ed addolorate. Si prepararono delle barelle in mancanza di veicoli; si sacrificarono alcuni cavalli e si trovarono pochi polli nei dintorni per avere un po' di brodo per gl'infermi. Difficilissimo, poi, fu trovare dei panni da far fascie e filaccie per le ferite. Anche i sani trovarono difficilmente da mangiare e fu quindi ben malinconico il soggiorno dei nostri in Isernia.
      Che importava fossero italiani, e della miglior specie! Essi erano eretici! maledetti da Dio! e quindi condannati all'inferno! all'inferno, capite! - in quella bagatella di fuoco eterno che i preti han trovato sì comodo per arrostire coloro che non vogliono saperne della loro bottega e che non vogliono pascere l'insaziabile loro ventre e le sante loro lussurie!
      Venne finalmente il giorno della partenza; e benchè molti nella colonna credessero le maggiori difficoltà superate, non era questa l'opinione del comandante.


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I Mille
di Giuseppe Garibaldi
Tipogr. Camilla e Bertolero
1874 pagine 356

   





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