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      Che non risente della donna il plauso,
      Di fango ha il cuore, e del gentil affettoDella bella di Dio impareggiabile
      Opera, è indegno. Oh! sotto il palpitanteDi donna seno, il creator depose
      D'ogni virtude il seme, e santuarioDi generosi sensi è la bellezza.
      E finché Roma alle vestali il sacroFuoco affidò, dell'Orïente i molli
      Costumi non fiaccâr delle quiritiAlme la tempra indomita, ed il Mondo
      Vide robusto di matrona il figlioPasseggiar vincitor dalle paludi
      Mïotidi all'Atlantico e dal Reno
      All'Eufrate. Ma, quando la corrottaD'Asia preferse meretrice, al casto
      Della sua donna amplesso, e l'indorataAlla di ferro sua armatura, il truce
      Iperboreo soldato, a cui la dagaPesante troppo avea ceduto, il donno
      Contemplò sogghignando, impiastricciatoDi lezzosi profumi e di vivande
      E di licori dondolante, il piedeSulla cervice disprezzante pose
      Del Romano, e lo fe' tant'anni servo!
      CANTO IVMONTEVIDEO
     
      Eri pur bella, o di Colombo terraAvventurosa, e l'ospital tuo seno
      Al proscritto porgesti! Ivi trovammoNon quiete, no, perché della malnata
      Dei tiranni genía anche gl'immensiNon difettan tuoi campi, ma una daga
      Per combatter gl'infesti, ed una patriaNon di rovine seminata. Un cielo
      Come d'Italia, abitator fratelli,
      E donne impareggiate. Il santo nomePur della serva, calpestata, doma
      Nostra terra, un sol dì non fu banditoDagl'Italici crocchi, e quando il fiero
      Dei ferri tintinnio la furibondaRabbia segnava della mischia, il tuo,
      Italia, nome qual fatal scintillaI tuoi proscritti percuoteva, e imbelle
      Diventava il nemico, e rinfrancate


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Carme alla Morte
Poema autobiografico
di Giuseppe Garibaldi
Zanichelli Bologna
1911 pagine 105

   





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