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      La tuffaro i codardi; alle sue glorieNon tornerà delle conquiste, e il patto
      Santo consacrerà delle Nazioni.
      Alto e spumante è l'Oceàno, e lungiEqui-distanti i continenti; snello
      Sguizza il delfin festante alla fendenteProra sfidando, e l'apparir giocondo
      Dell'innocuo del mar ospite amico(43),
      Unico forse a dissipar la immensaMonotonia del flutto. Eppur, col dardo
      Lo guata l'uomo per ferirlo, e pastoFarlo innocente ; ma una voce cupa:
      «Al fuoco!» grida; «incendio nella stiva»(44).
      Un inesperto, la mal chiusa fiammaAvvicinava all'alcool e in un punto
      Erane il fusto divampante appressoDi combustibil vettovaglie pieno.
      Grande il periglio, e confusion non pocaNella ciurma. Il leon, quando la prole
      Minacciata, è men fiero. I valorosiS'accalcar nella stiva e la vorago
      In un momento divorar. La morteColpir potea, ma non fugar quei forti!(45)
      Sorgon dal mar, come due fari eccelsi,
      Le d'Alcide colonne, e le salutaCommosso il navigante, e chi le sponde
      Mediterranee chiama patria, i dueVede colossi d'Anfitrite, il segno
      Che non lontana è la sua terra e i cariSuoi congiunti. E chi pianse per vent'anni
      Sulle sciagure della desolataItalia süa, o figli della terra,
      Rivalicando dell'Atlante i mariVerso colei, di vero affetto ei v'ama.
      Salve, o terra di prodi, antica Iberia!
      Come son belle le tue sponde! Il fluttoCome d'Italia ne carezza il lido.
      Come d'Italia son festanti i colliDi vendemmie, e di fiori le convalli
      Imbalsamate; ma sulle tue zolleDello straniero posan l'ossa, e il fiero
      Natio corsier, delle tue pampe è donno!


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Carme alla Morte
Poema autobiografico
di Giuseppe Garibaldi
Zanichelli Bologna
1911 pagine 105

   





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