Fecer(64) fremendo, e sui vicini colliPiantar d'Italia lo stendardo. E il grido:
«Sulla terra d'esiglio, oh! forsennati,
«Ove correte?» echeggiò tra le turbe.
Ma indarno! Alle vicine aspre montagneDell'Elvezia i fuggenti le vergogne
Portan d'Italia al disprezzante, altieroSogghigno de' superbi montanari.
Là sulle sponde del Verbano il fieroBorïoso stranier le rovesciate
Aquile a rïalzar correa; ma tuttiNon son fuggiti gl'Italiani, un pugno
L'aspetta e lo martella. Il saccomannoFugge incalzato da paura tale(65)
Da morirne, e le sponde inargentateRallegransi del Lago al fragoroso
Inno della vittoria. I poverelliAbitatori, sventurati e buoni,
Delle belle contrade i redentoriRiconoscenti salutaro, e il tetro
Dimenticâr delle masnade aspettoPer un momento.
Ma chi mai dall'ondeS'avventura, ove ancor ferve la mischia
De' combattenti, su ben fragil schifo?
Una è di quelle creature a Dio
Care ed all'egro. Il portamento altiero,
Dolce, ad angiol simíl, caro forieroDi Provvidenza sembra, e la sua voce
Incantatrice ti fascina: «Oh! lascia
«Ch'io raccolga i soffrenti; i tuoi caduti
«Col nemico caduto, alle mie stanze
«Consenti. Il sangue uno ha il color, le carni,
«Accomunate nel patir, confini
«Più non conoscon. L'imperante al servo
«Che mandava al macello, un scellerato
«Disse l'Italo, eretico, nemico
«E di Dio e dell'uomo, edificante
«Opera esterminarlo e la sua polve
«Gettar al vento! La menzogna al furbo
«Tiranno è saldo piedistallo, è vita».
Fise alle Orïental sponde le luci,
Laura scorge il conflitto(66), il trepidante
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Carme alla Morte
Poema autobiografico
di Giuseppe Garibaldi
Zanichelli Bologna 1911
pagine 105 |
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