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      Ormai cessata è la difesa. Il fieroS'aspetta vincitor con sulle labbra
      Il dileggio pei vinti. Invan da fortiPugnaron pochi contro molti(77). Il prete
      Rinnegò Italia e il moderato; al ventreFanno di patria il sacrificio. Indegni!
      Han preferito a libertà il servaggioE al nazional decoro, le vergogne!
      Son le macerie delle tue grandezzeDi brutture lordate, Roma. E morte
      Non saria meglio, che la sciagurataVita di schiavo sotto il puzzolente
      Negromante moderno, infëudatoA tutte le tirannidi e bastardo
      Animalaccio, non simile a belvaVeruna? Il bruto abitator di selva
      Il suo luogo natio discerne ed ama.
      Al sacerdote di Satàna chiediDella sua patria il nome! Egli nel ventre
      Ha patria, Dio, famiglia ed Universo!
      Cessata è la difesa e corteggiateSaran domani le belle Romane
      Dall'altiero soldato, e tu, nipoteDi Camillo, la fronte al suo cospetto
      China, e ti prostra del tuo donno al piede.
      Intanto a me si fe' davanti un messoDella grande Repubblica(78), e la nave
      Pronta a ricevermi mi accenna. Il figlioDella Colombia alla non vinta schiera
      Offre un asilo generoso; e gratoRicorderò tutta la vita. Accetta
      Pur non venne l'offerta. «Alle nevate
      «Cime dell'Appennin questo di prodi
      «Avanzo io condurrò. Questo vessillo,
      «Di piombo e ferro traforato, a' servi
      «Servir potria di perno, e se la sveglia
      «Dal popolo, leon che dorme, è udita,
      «Del destino d'Italia io non dispero».
      Stolto!... passeggerai dall'uno all'altroMare, e lo schiavo l'incallito collo
      Dal giogo appena moverà a guardarti,
      E tornerà alla gleba, ove sudanteA fecondar le biade, che l'estraneo


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Carme alla Morte
Poema autobiografico
di Giuseppe Garibaldi
Zanichelli Bologna
1911 pagine 105

   





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