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      Non arduo era lo svellerla, e gloriosoTanto il finire del riscatto l'opra.
      Sempre un pugno d'eroi estolle al Mondo
      L'Italiana virtude, e sempre è prontoA' più duri cimenti, ove si pugni
      Per Libertà; ma indifferenti troppoSono le masse e non costanti. I pochi
      Cadono adunque, e con lor cade Italia
      In vergognosa servitù prostrata.
      «Torna a' tuoi focolari, o stanco stuolo
      «De' miei giovin compagni. Alla tua donna
      «Non raccontar che ti stancasti, e preda
      «Lasciasti Italia allo stranier. Ma dille
      «Che accomiatato fosti, e che la serva
      «Patria giurasti di salvar, allora
      «Che richiamato nelle file(83)».
      Intanto,
      Io seguirò, ché son reietto, estraneo,
      In questa terra(84) che tant'amo..., e mecoSeguirà la mia donna, intemerata!
      Inseparabile compagna ed egraDel proscritto. Infelice!... Essa i suoi cari
      Bimbi non rivedrà; sulle deserteD'Adria, moventi sabbie, i suoi dolori
      Termineranno ed una croce, un sassoNon segneranno al passeggero l'ossa
      Di chi moriva per l'Italia, e spessoPer liberarla i suoi guerrieri spinse(85).
      Oh! donna del mio cuor! fu questo duroAlla mia patria sacrifizio! e il pondo
      Nelle tue viscere nutrito, e i cariSuperstiti, che grazie alle vigliacche
      D'ermafroditi mene, interminataFan dell'Italia la contesa, forse
      Dovran gettarsi in olocausto, mentreGozzoviglia il codardo, ed i successi
      Non suoi millanta, e vil predon si sfamaDel popol nelle viscere e nel sangue.
      «Scendete e disarmate quei felloni»(86)
      Io dissi a' miei compagni, al limitareDi Cesenatico. E siccome lampo,
      Furono presi e disarmati i pochi


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Carme alla Morte
Poema autobiografico
di Giuseppe Garibaldi
Zanichelli Bologna
1911 pagine 105

   





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