Che tragittavano i fuggenti; e alloraCome mastini sulle nostre traccie
Tutto il naviglio s'affollò, e ben lieveCostò fatica lo assalir, lo sperdere
Quel resto miserando, che pur altoPortava ancor il marzïal vessillo
Rotto, forato, ma che pure Italia
Potea guardare insuperbita e direA' suoi predon, che le calcagna alate
Mostrâr più volte a questi macilentiCalunniati suoi figli. E questa vita
Tra le miserie e le tempeste scorsa,
Nell'esiglio incallita e nel dolore,
Ha pur un lato che alla patria miaPosso sacrar, alta la fronte, e il piede
Sopra rottami di catene, e il pugnoSopra le labbia di stranier protervo,
Segnando a lui che se del vecchio Mondo
Lei fu matrona, ove non sian divisiNon soffriran padron, gl'Itali, o sgherri!
Fummo dispersi, e dei tredici(91), pochiApprodaro alla sponda. I più prigioni
Furon dell'Austro. Io approdai col caroPeso di lei che si moriva, e lascio
Pensar lo stato del mio cuor. Da un latoLe barche perseguenti, il grosso stuolo
D'Austrïaci sul lido, ed i ribaldiBirri del prete, come bracchi attenti
A fiutare la preda. In una nubeCome nei dì che furo, avviluppati
Credo noi fummo. Io mi rimasi a pocaDistanza dalla sponda il mio tesoro
A custodir, e di cotanto amoreGiammai avevo amato l'infelice
De' miei bambini Madre.
Il sacerdoteVero di Cristo, Bassi(92), non lontano
Cadea nell'ugna del chercuto, e fieraMorte affrontava, dopo la tortura
Che tanto ambisce il scellerato avanzoDe' Ministri d'Inferno. A poche miglia
Moriva pur Ciceruacchio e i figliDa piombo; il pargoletto delli due
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Carme alla Morte
Poema autobiografico
di Giuseppe Garibaldi
Zanichelli Bologna 1911
pagine 105 |
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Italia Mondo Itali Austro Austrïaci Madre Cristo Bassi Ministri Inferno Ciceruacchio
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