Fu di Ferruccio la contrada ingombraD'Austriaci sgherri. Sulla via che guida
Da Bologna a Firenze, e sul pendioChe guarda a questa, in un ostel seduto
Col mio fido compagno, un po' di ciboCi rinfrancava, ed alle stanche membra
Lieve riposo si concesse, il capoDella destra nel concavo e addossato
Sovra un pancaccio, quando udii sommessoTocco alla spalla, ed inalzati gli occhi,
Ceffi di birri mi s'affacciâr. TostoChinai la fronte ancor, e allora il sonno
Non era vero(102) e sinché le masnadeSgombrar l'ostello u' dal licor attratte
Fur, non mi mossi. Eran coloro un corpoD'Austri, padroni dell'Italia, e spinti
Sul Tirreno dall'Adrio, ove sedareDe' turbolenti servi il pazzo ticchio
Di Libertade, e passeggiar soleanPomposamente e senza meta spesso.
Per comparir più tanti, alcuna voltaDa una porta vedeansi entrar, dall'altra
Eran usciti(103), e del contado ingombreLe vïe a contemplar le bellicose
Orde di sgherri ben pasciuti, altereE disprezzanti la canaglia, cui
Se non sollecita a far largo ai donni,
Davan di sbieco nelle reni ed ilareSorrideva il colpito, acciò men truce
Lo guardasse il padrone e, recidivo,
Qualch'altro calcio non piombasse a tergoDi quella schiena da bastone(104).
Ed io!
Fuggir ho visto questi tracotantiE morir di paura!(105) ed a' miei piedi
I più protervi!(106) E son tuo figlio, o Italia,
Ad onta de' codardi, che vendutaM'hanno la culla, e succhiai latte tuo
Immacolato, e i miei maggiori tuttiFuron d'Itala creta e nella vita
T'idolatrai e... quanto Dio, sicuro!
Non imprecar, profugo, ai tuoi.
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Carme alla Morte
Poema autobiografico
di Giuseppe Garibaldi
Zanichelli Bologna 1911
pagine 105 |
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