SventuraForse più che malvagia a così umíle
Stato han condotto l'Italo; è la peccaForse antica di Roma, delle genti
Dominatrice. Chi l'altrui depredaPar destinato ad esser preda altrui!
Tale il Romano, il Macedone, il Franco;
Degl'odierni predon tal sorte fia!
Si lascia a tergo l'Appennin, il lidoDel Tirreno cercando; alle Maremme
Etrusche, fidi condottieri Etruschi
Ci guidan salvi. Il mare appar propizioCome una volta, quando al primo albore
Della mia gioventù, mi sorridevaCon il sembiante d'un amico, e altero
Solleticava nel mio cuor desioD'imprese virtüose. Io lo rividi
Il vasto seno d'Anfitrite, ansante,
Intenerito dall'innumerabileSomma d'affetti, di memorie e sensi
Suscitati nel cuor dall'imponenteElemento primiero. Un fragil schifo
I proscritti raccolse e, costeggiandoIl Liburno confin, sulle Ligùri
Coste ci pose inosservati e salviDella vita; ma non di Libertade!
CANTO XIIISECONDO ESILIO
Furono i piani di Novara infaustiAll'Esercito Regio, e Italia vinta
Senza pugnare quasi! Il Sir Sabaudo,
Del popol diffidente, ai pochi suoiVolle affidar l'impresa. E non capiscono
Questi Siri «ch'amor d'amor si paga»
Non di menzogne. E son sin'or menzogneGli affetti vostri per le plebi! Il giorno
In cui davvero Libertà vorreteE il ben di tutti procacciar, quel giorno
Vedrà la meta dell'uman riscatto,
Aspirazion di secoli, non vanaVoce; e dimessi i gallonati e gonfi
Gran dignitari servi, ed all'aratroL'impiegato e il Levita, sanguisughe
Invereconde del laborïosoAgricoltor; delle città la feccia
Non atteggiata a spie e le masnade
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Carme alla Morte
Poema autobiografico
di Giuseppe Garibaldi
Zanichelli Bologna 1911
pagine 105 |
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