S'erga il colosso ch' ha per base l'orbe
«Ti prostra genuflesso, e la primiera,
Verme! contempla delle glorie umane».
Sono in Italia co' miei figli. Il tettoPaterno non m'alberga, il dolce amplesso
Non m'ha beato di mia Madre, e leiChe di mia vita fu compagna, dorme
Su d'una terra non redenta, Italia,
Ma serva! E lo stranier v'impera e il passoNon drizzerai, proscritto, al solitario
Tumulo santo che la copre. Il donno
È l'assassino de' tuoi cari, e soloTi resta il ferro per aprirti il varco
Al desïato avello.
Ebbene il ferroArroterò tutta la vita, o vile
Impudente canaglia; e se la voceMïa è sentita dagli schiavi, il sonno
Vostro sarà turbato e più fecondi,
Dal vostro sangue letamati, i campi.
Poco è sentita la mia voce. Un veloD'inerzia copre l'infelice terra!
Pochi a tentar s'avventan, ma chi reggeNon vuol consorti alle sue prede. Il Sire
Ei chiamerà d'inferno alla riscossa,
Ma non gl'invitti ch'egli teme. Il sertoAll'altrui serto sull'oppresse genti
Fia sostituto, e libertà, menzogna,
Per ingannar le turbe, e la corrottaDel popol parte accalappiar con doni,
Infin servaggio che Statuto ha nome.
Reduce, l'onda a rivarcar t'appresta.
Se vuoi la vita sostentar, l'anticaArte ripiglia. Non servir l'Italia
Tu puoi, ma il donno, variopinta assisaSe non vesti. Sei servo, e nella gregge
Il tuo posto ripiglia, e la tua parteDella mercè sudata a piè del trono
Reca a impinguar del dignitario il pasto.
Propiziatrice non trovai fortunaAlle fatiche, e dell'uman consorzio
Stufo, il deserto m'apparia qual asseNella tempesta, di salvezza.
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Carme alla Morte
Poema autobiografico
di Giuseppe Garibaldi
Zanichelli Bologna 1911
pagine 105 |
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