E l'ermo,
Anelante, cercai sul derelittoLido della Sardegna, e te trovai
Caprera venturosa. Oh! caro scoglio,
Refugio amato dal mio cuor, qual donnaAmata! E se scordar potessi il Mondo
Tra i tuoi dirupi, nulla più vorreiDesiderar su questa terra, e un sasso
Chiederti del superbo tuo granitoPer ricoprirmi...! Ma non sarà vero,
Io che giurai di non depor l'acciaioSinché l'Italia sia calpesta, ancella
Di masnadieri! E là, sulle Lagune
Schiave, non son della mia donna l'ossaForse insepolte ancor? Dunque quïete
Non si ricerchi in questa vita. I Regi
Tormentatori, e tormentati, e praviVogliono..., e sia; noi che siam nati al culto
Dell'amore fraterno, alla vendettaEd alla strage sol si pensi. I campi
Noi solcherem sudanti, e le carezzeCalpesteremo de' potenti. Ov'arda
Dello schiavo lo sdegno, alle battaglieRitornerem. Intanto, il solitario
Tuo sen disserra alla sventura, o sacraFiglia dell' onde, e l'ombra de' tuoi massi
Consenti, infin che Libertà ci appelli!
Qui non s' innalzan di colossi alteriLe superbe macerie, il simulacro
Della burbanza de' potenti, erettoDalla fatica dello schiavo, e il segno
Di fasto non iscorgi. Il santuarioDella natura è questa alle Tirrene
Onde ritolta dall'immensa destraDi chi sospinse l'Imalaia e l'Alpi.
Di prischi abitator sorgon vestigiDovunque, tra le balze ed i dirupi
Della selvaggia, ma di umíl proscrittoE perseguiti furon gli abituri(125),
Connessi appena da cemento. Il climaCome il granito vi è robusto e i venti
Non consenton le nebbie, e quindi il morboMicidial non vi alberga; alle propinque
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Carme alla Morte
Poema autobiografico
di Giuseppe Garibaldi
Zanichelli Bologna 1911
pagine 105 |
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