Dal ferreo giogo, ma la tracotanteBoria del gran perturbator del Mondo
Ricacciò nel baràtro, ove di genteCova il mercato e le sventure e l'onta.
Un piede è posto alfin sulle ridentiSponde di Reggio, e di novella gloria
Ornâr la fronte gli Argonauti. InvanoCi vieta il varco il despotismo! Invano
Spesseggian folti incrociatori, e invanoOste nemica numerosa! Il dito
Di Dio conduce la tirannicidaFalange, ed oste, e baluardi, e troni
Son rovesciati nella polve e riedeSulle ruine del delitto il Santo
Dell'uom diritto e libertade. E il cieloAlla redenta Umanità sorride!
CANTO XXIIIIL CONVEGNO
LIBERTICIDA
Ma là, nel fondo delle Bolgie, il sozzoLurido spettro dell'invidia i soci
Chiama a concilio: la menzogna, e il numeCorruttor delle genti e la calunnia,
E sotto il vel del Galant'uom, la pingueFallace ipocrisia. Ed il chercuto
Maledizione dell'Italia, il tortoCollo sporge nell'aula e lo spavento
Si conosce dal volto, se pur voltoSi può chiamar quel ceffo, ove scolpite
Son le miserie della razza umana.
«Han varcato lo Stretto» irrompe alfineL'invidia. «E guai se quei protervi il suolo
«Toccan di Pietro! Il secolar fantoccio
«Di Religione e di possanza, eretto
«Con tanta astuzia sulla sciagurata
«Umana stirpe, rovinar potria
«In un baleno, ove di ferro un muro
«Non s'interponga sulla via tracciata
«Dalla tempesta!» «Io sol potrei, - risponde
«Il Patriarca del mendacio - ed altre
«Ben diedi al Mondo prove, come s'usa
«Colla canaglia. Le solcate vie
«Da' miei bronzi, in Parigi, accenneranno
«Ai venturi s'io mento, e le deformi
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Carme alla Morte
Poema autobiografico
di Giuseppe Garibaldi
Zanichelli Bologna 1911
pagine 105 |
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