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      Novella il tempo riveder, e tuttoT'avea d'affetto circondato e grata,
      Redentor t'acclamava. Ed oggi...? t'odiaE ti disprezza nella scellerata
      Proconsolar tua sede, ove nel fangoTrascini il fregio de' tuoi Grandi, e culla
      E tomba ne vendesti al turpe Sire
      Fatto tuo donno e delle genti tue!
      CANTO XXVNAPOLI - 7 SETTEMBRE
     
      Delle cento città suora maggiore,
      Salve! o brillante Partenòpe, egregioParadiso terrestre! Alla bellezza
      Impareggiabil le sciagure tueDevi, ed ingordo lo stranier ti fiuta
      Come la preda il lupo, e nel tuo pingueSeno s'adagia il masnadier, che seppe
      Divider i tuoi figli. E sin a quandoDurerà questa tresca? Io li ho veduti
      I tuoi prodi pugnar pure, e da menoCerto non son de' mercenari, e servi
      Di padron dissoluto. È tempo! È tempoD'esser padroni in casa nostra, e nulla
      Hanno gli estranei di miglior nell'alma,
      Né più vigor nel braccio. Essi compattiE molti scendon dalle rupi al piano
      Della divisa nostra terra. Ed oraChe siam serrati, perché ancor la lue
      Oltramontana ci subissa? È questaGenerazione di codardi, dunque?
      O son codardi chi la regge? Il voltoNasconderò tra queste rupi, irsuto,
      Rugato, smorto assai più che dagli anniDalla vergogna d'esser nato in questa
      Terra di schiavi e di servili. O sogniDell'intiera mia vita! O mercenari
      Fugati cento volte! O miei fratelliD'armi, caduti bastonando il vile
      Soldato del tiranno! Un monumentoSorge sui resti glorïosi, e quello
      È monumento di vergogna(149), erettoD'un masnadier alla vittoria! Italia
      Deve un lago scavar nel sito infettoA lavar la bruttura, e di quest'anni


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Carme alla Morte
Poema autobiografico
di Giuseppe Garibaldi
Zanichelli Bologna
1911 pagine 105

   





Grandi Sire Partenòpe