Non cadea forse la rival di Roma.
Ma là, nell'imo, stan le incantatriciFiglie di Capua e l'aer molle e i ricchi
Armenti e le dovizie. Il fier soldato,
Che non domaron le battaglie e i milleDi campagne disagi, a piè d'un fragil
Viso si prostra e s'accovaccia, e umíleCome agnello diventa e, l'armatura
Deposta, più non cura o sollevarlaSe tenta, il peso lo soverchia, e infranto
Nell'inerzia ricade e giace imbelle.
Tale di Canne e Trasimeno il fieroLogora vincitor la dissolvente
Aura di Capua, e ben per Roma! Il morboPerò, non colse il coraggioso stuolo
Dalla rossa camicia! Il monte, il pianoVedran se scema è la virtù dei forti.
Sorgi, falange intemerata! I Regi
Son spaventati delle tue vittorie.
Qui di fronte t'assalgon, ma da tergoPiù periglioso sta il nemico e tanto
Che sulle labbra del perverso il vezzoDel sorriso tu scorgi e d'amicizia
Sono i suoi detti. Ma sorriso è quelloChe sfiorò il volto del Giudeo, che i trenta
Avea intascato soldi e... l'amicizia!
Oh! nell'Inferno ha sede! e cotestoroA dar battaglia... disser a quel Sire
Catafratto di colpe, ed all'Italia
Da Redentori si spacciavan.
Noi...
A pugnare per essa! e non si contanSe molti sono, mascherati o conti!
Sì, sono molti, gioventù valente!
Ma molta gloria vi prepara questoGiorno solenne per la patria. Avanti!
CANTO XXVI
1° OTTOBREBATTAGLIA DEL VOLTURNO
Son non ben sparse le tenèbre e un nemboAssai d'armati le avanzate guardie
Del nostro campo. I feritor primieriTrovati ha l'alba, macellando i vinti
E macellati. Un'onda par chi assaleE chi respinge.
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Carme alla Morte
Poema autobiografico
di Giuseppe Garibaldi
Zanichelli Bologna 1911
pagine 105 |
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