La fatal sua sorteGiuoca il Rege deluso, e questa fia
L'ultima volta. Le raccolte schiereTutte egli avventa nel conflitto, e lui
E la sua donna, ed i congiunti a garaAffrontan il periglio e colle gesta
E colla voce alla battaglia i fidiSpronan soldati! Le ubertose zolle
Già rosseggian di sangue e seminatiDi cadaveri i campi. I fulminanti
Bronzi s'odon appena nel tremendoRomoreggiar de' moschetti ed il fitto
Tintinnio dell'acciar, la predilettaArma de' prodi. Dal Volturno ai colli
Di Maddaloni, tempestoso ruggeDemon delle battaglie intiero il giorno.
Varia è dell' armi la contesa. I Regi
Voglion lavar delle passate rotteLe macchie, e incalzan furibondi, e spingon
De' volontari le primiere filaSconce e disperse sui compagni, e questi
S'adontan della strage e, il sacrosantoD'Italia grido risuonando, a ferro
Freddo s'avventan sul nemico e il persoRiconquistan terren, e i mutilati
Compagni, o spenti sul nemico spento.
Giunto è all'occaso quasi, il testimoneDe' delitti dell'uom! E benché tanti
Illuminati, e più tremendi, ei n'abbia,
Pur raccapriccia di ribrezzo a questaCarneficina di fratelli! e fosco,
E d'un rossor come di sangue, l'ondaPar si precipiti a cercar, stoltizia
Sí nefanda fuggendo. Oh sarà questaDei Regi scuola che durar dee sempre?
Stanchi già son, ma non ancor satolliDi sangue, i figli d'una terra stessa
Grandi nel bene e nei delitti, e posaPer ripugnar è questa. Un suon di tromba
Chiama all'assalto i volontari. È giuntaL'aspettata riserva. A che più giova
Differir la vittoria! e fulminando
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Carme alla Morte
Poema autobiografico
di Giuseppe Garibaldi
Zanichelli Bologna 1911
pagine 105 |
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