Tempestan i miei prodi. Alla rovinaGli assoldati non reggon, e non regge
Chi li spronava.
Qual montano angustoInvernale torrente alle marine
Si rovescia, e trascina nel suo corsoE massi e piante ed abituri e gregge,
Infuriando in un fascio, un argin trovaChe l'impeto ne frena, e di furore
Raddoppia quello, e questo trema, scossoDal crollante nemico al cui sostegno
Giungon spumanti a miglïaia i fluttiE han soperchiato e nel lor sen travolto
Argine e ripa e riparato e tutto,
Così i Regi all'incalzante furiaDe' campioni d'Italia a precipizio
Fuggon verso il Volturno e tra le muraSi nascondon di Capua, altri nell'onda
Cercan rifugio. In questo dì, segnataFu la caduta d'un tiràn nel libro
Irrevocabil del destino e Italia
Nota alle genti! E Libertade? ArcanoDirà, il futuro, se la millantata
Dal nuovo Rege e da' suoi servi, veraFïa o menzogna!
CANTO XXVII
2 OTTOBREE RITORNO IN CAPRERA
Un dì di gloria ancora(151)
Fregiò la fronte de' superbi Mille,
D'Italia orgoglio imperituro! E poi...?
Venne la ciurma ciondolata, e colseDelle vittorie i frutti; e i valorosi
Dalle battaglie da giganti, in uggiaAi novelli Tersiti, alla calunnia
Dannati ed all'inedia, il miserandoFrusto trascinan oblïati e mesti.
E Italia? È fatta una cloaca, ai piediDel più schifoso de' tiranni, ancella
Dello straniero come sempre, e preda,
Al cuor rifugge!... di Teutoni e Franchi!
Non rigettarmi dal tuo sen, desertaErma figlia del mare, e la vergogna
Che mi solca la fronte infra i tuoi massiDeh! ch'io nasconda! Tra le tortüose
Imprunate tue valli, ove una volta
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Carme alla Morte
Poema autobiografico
di Giuseppe Garibaldi
Zanichelli Bologna 1911
pagine 105 |
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