Per sbaragliar queste livree panciuteE toglier lor di ritornar la voglia
In questa Italia, che un dė li strappavaDalle foreste e su due pič li pose.
In quanto un degli eunuchi del serraglioArchimandrita delle genti sia,
Altro che aborti non avrete, e taleFu dell'Italia! Il secolar nemico
Pių sicuro non mai visse e godetteLa depredata; il suo confin giammai
Pių vigilato; i battaglioni, armatiPer redimer gli schiavi, alla custodia
E sicurezza del tiranno, e i pochiPropugnatori del Diritto in ferri
O nell'esiglio. La fatal venturaCosė lo vuole dell'Italia, e intanto
Giace la serva nel ludibrio e l'onta.
Putron nell'ozio i milïoni, e regge,
Di papaveri cinto e di menzogne,
Uno che d'uom appena ha il volto, a trescheA gozzoviglie suscitando, allora
Che pugnar si dovria! Un pugno č semprePronto ad oprar di prodi, e il tracotante
Impallidisce masnadier, che il Mincio
Asserraglia pauroso e la ciurmagliaTutta concentra al limitar. E in ferri
Vanno i miei prodi, e gongolanti, alteriDel novello trionfo, i prostituti
Per sua vergogna in questa terra nati!
Donna fatal delle Lagune, infaustaSei per chi t'ama e ti vorria Regina!
De' vincitori di Bisanzio sonoDiscendenti i tuoi figli e di coloro
Che l'Ottomano rintuzzâr tant'anniOltre il confin di questa non curante
Europa al giogo che ti sgozza? O sonoBastarda stirpe di vandali, al duro
Baston dell'Austro condannati e proni?
Io ben tre volte questa stanca vitaGettai nella bilancia, ove si pesan
I tuoi destini e m'hai reietto! Un cennoUn sol, non vidi che di vita propria
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Carme alla Morte
Poema autobiografico
di Giuseppe Garibaldi
Zanichelli Bologna 1911
pagine 105 |
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