Di balsamo il suo fiatoEd un tesoro la presenza sua(167).
Morte mi strinse nel suo grembo e indegnoDi lei mi tenne(168). Alle miserie, al cruccio
Della vita serbommi, e questa vitaTu la salvasti, o mio Luigi! ed io
Ti vidi in preda della morte e invanoTi porsi aita.
Il tempestar dell'Ostro
Il fragil legno capovolto immersoAvea su' lido di Colombo. Un forte
Nocchier stringea, colle robuste membra,
Del legno il solo punto galleggiante.
Ed io lo vidi quel gigante ed eraIl salvator della mia vita. Oh! bello
Io fui in quel momento! e mi sembraiDominator della tempesta! e un senso
Di gratitudo m'invadea, di piètaPel generoso e l'accostai...; gli tolsi
L'importuno pastrano a lui d'impaccioPer il nuoto, ed un ferro nella destra
Squarciavo con febril lena l'ingombroChe il mio fratello minacciava e fiero
Dell'ottenuto intento, un sguardo all'altoGià rivolgea di grazie(169)!
Avea la morteScelto tra noi! Il mio robusto e prode
Benefattor sparia nell'onde; un monteDi flutti l'avvolgeva e più nol vidi!
Cercai, passato il flutto, infra i nuotantiLe preziose sembianze e invan cercai!
Reminiscenze di sciagure, a voiVolgo la mente esterefatta e penso
Ai compagni caduti in cento pugnePer le nazioni conculcate, al grido
Santo di libertade. Ove son loroDi Sant'Antonio i valorosi? Anzani,
Prode tra i prodi, almen sulla natiaTerra tu posi ; ma lontan lontano
Giace il nostro Rossetti(170) e sconosciuteSono le zolle, che bagnò un tant'uomo
Col prezioso suo sangue. E chi custodeSta del tumulo sacro, ove sepolte
Son le reliquie de' guerrier, che Italia
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Carme alla Morte
Poema autobiografico
di Giuseppe Garibaldi
Zanichelli Bologna 1911
pagine 105 |
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