IllustriFigli di terra illustre, alle selvaggie
Iperboree tribù pascolo orrendoDa scettrato carnefice pasciuto,
Ed i bei figli del Caucaso forseSpariran dalla terra e il passeggiero
Dirà: «Qui surse la superba e bellaDell'uomo stirpe e fu distrutta infranta
Per il capriccio d'un tiranno, donnoDi mezza Europa e l'altra mezza forse
Anelando ed il mondo».
Il biondo e fieroScandinavo perisce e non un solo
Popol fratello lo sorregge, alloraChe due tiranni lo calpestan.
MuoreLà, sulla terra di Colombo, inulto
E abbandonato, il discendente altieroDe' compagni di Cortes e non s'ode
Una sol voce di conforto. UmíliE istupiditi lo contemplan tutti,
Che simil sorte forse attende i tantiAmericani suoi congiunti.
E dunqueL'umana stirpe condannata a morte
Od al servaggio? E petulanti, infamiMillantatori di progresso, al mondo
Perché garrite, di decoro e cultoDi libertade, se di giogo solo
Voi siete degni? E mi lasciate a Morte
Votarmi ed a lei sola un santüarioInnalzar nel mio cuore, a lei che sola
Di Giustizia è Ministra e dell'Eterno?
Ruggi, o tempesta, sul mio capo e, flutti,
La mia colpite navicella. Io saldoNon vi pavento. Un famigliare sono
Della superba mietitrice. AlloraChe delle genti calpestate, i dritti
Io propugnava, patteggiai con essa,
E non la chiamo al legnaiol simílePer poi fuggirla(183); ma dovunque un grido
Dell'oppresso s'innalza ed a battagliaSfida i tiranni, io là mi reco, e Morte
Io vedo sempre di codarde pianteFalciar li steli e rispettare i prodi.
Del dispotismo salde son le basiPel timor degli schiavi, e della morte
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Carme alla Morte
Poema autobiografico
di Giuseppe Garibaldi
Zanichelli Bologna 1911
pagine 105 |
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