E nel voler concordi, all'esterminioDel despotismo fuggiranno, e il Mondo
Di sgherri scatenati e questa voltaDileguerassi come nebbia al vento.
Son sul Tifate a contemplar non l'osteDel tiranno fuggente e le incalzanti
De' miei giovani eroi libere insegne.
Un sarcofàgo a questa terra io chiedo,
Che segni i miei caduti e non lo scorgo.
Ove s'innalza di Bronzetti il sacroTumulo al passeggier segnante i resti
Di quel nuovo Coclíte? E di Boldrini
Ove posano l'ossa? E del brillanteCozzo, figlio dei Vespri? Oh! più felici
Che cadetter pugnando in quel solenneGiorno di gloria, ove, la sospirata
Da' Grandi Italia, fu di sé padrona!
I nuovi tempi di vergogne a noiSono serbati, cui non micidiali
Fur ferro e piombo in quella pugna(193).
E a qual destino tu riserbi, o Morte
Questo frale già stanco ed ammorbato?
Io sono dunque di finirla indegnoSu d'un campo di gloria? E tra le turbe
Degli inutili tuoi posar quest'ossaAlle pugne incallite? Oh! trascinate
De' miei mille fratelli alla dimoraUltima, figli miei, queste reliquie
Di chi l'Italia tanto amava e il tergoIn tante pugne allo stranier premeva!
VISITA ALL'OSPEDALE(194).
L'ESPOSITO.
Quegli è il più grave! m'accennò sommessoD'Egea il dotto sacerdote, ed io
Passai la mano sulla fronte ardenteDel piagato garzon. Le sue pupille
Sul commosso mio volto egli volgeva,
E caramente rispondea col guardoAll'amoroso mio guardo, al lambire
Della mia destra amica. «I tuoi parentiSaranno or consci de' tuoi mali, e forse
Avvïati a quest'ora a consolarti,
A lenir le tue pene.» - «I miei parenti -
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Carme alla Morte
Poema autobiografico
di Giuseppe Garibaldi
Zanichelli Bologna 1911
pagine 105 |
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