A Libertà rinunzierò? Da luiChe le vergogne cumulò d'Italia
Richiederò perdono? Il sacrosantoGiuro che a Roma mi guidava, imbelle
Rinnegherò? No! Questa vecchia salmaDal piombo sia disfatta, incenerita
Dal rogo pria! I miei nipoti, un giorno,
Raccolti al focolar della selvaggiaSolitaria dimora, ad alta fronte
Narreranno dell'avo, e vedovateSaluterà de' miei cespugli l'ombre,
Ma con rispetto, il passeggier. Sui colliNarreran di Mentana e di sconfitta,
Ma non di fuga. Un contro quattro, e inermiLe mie giovani bande. Oh! glorïoso
Assalto dell'Ereto!(195) Ivi l'Italia
Piangea d'Uziel, di Mosto, e di Vigiani
L'ecatombe sublime. I mercenariNon reggevano all'urto e, supplicanti,
Chiedean la vita, e Giovagnoli e Testore
Mietean frattanto all'orrida pretinaRabbia immolati, e tetro un grido sciolse
Tal come l'Etna qualche volta ruggeSulle campagne di Messenia. E polve
Ed ardenti tizzoni, e grandinataDi piombo, ad arrestare l'irrompente
Di quei prodi valanga ormai non valse.
A libertade ed all'onor d'Italia
Eran giurati, e non falsaro il giuro!
Fui sconfitto a Mentana! Il masnadiero,
Che dalla Senna sulla Franca genteSeminò la tirannide, il suo veto
Mandò sul Tebro e le masnade sueSon dell'Italia assalitrici. E tali,
Perché imbelle l'Italia, a servir sempreE sempre schiava dagli archimandriti
Suoi condannata.
Furo i mercenariDa' miei giovani eroi, inserragliati
Tra le mura di Roma, e non più vistiNella campagna. Eran del Negromante
Le speranze perdute. Il Dio del Vero,
Della menzogna sulle turbe infeste,
Pesava infin colla superba clava
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Carme alla Morte
Poema autobiografico
di Giuseppe Garibaldi
Zanichelli Bologna 1911
pagine 105 |
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