Delle tue pene io sento,
Come poter vorrìaCalmar il tuo lamento!
Lenirlo ed all'afflittaPiangente e derelitta
Tornar l'amato agnel.
Ma chi del lupo al trucePredon s'attenta istinto?
Chi lo sterminio, il sangueVuol risparmiar del vinto?
Sia pur codardo, è lupo,
Il truculento e cupoTiranno ad ogni agnel.
Un dì, là sul ridenteDell'Appennin pendio,
Sorgeva un nido d'Aquila
Come nessun, per Dio,
Si vide mai e alloraSul colle ed in pianura
Quieto pascea l'agnel.
(FRAMMENTO).
Dunque è deciso! A che più quest'esosaTrascinar nel dolor misera vita,
Inglorïosa e diventata un carcoAnche ai più cari e all'Infinito?
MIO CARO BIZZONI,
L'ho finalmente trovata!
Della materia nello spazio, tornaMiserabile frusto!
A MARIO RAPISARDI.
O Rapisardi! Il Lucifero tuoGiace negletto ed incompreso. Italia
Non è da tanto. I sacerdoti suoiDella menzogna e i Regi condannata
L'hanno al servaggio e alle tenèbre, e pochiE prediletti son quelli che il fimo
Dell'impostura calpestando, all'altaGuidan le genti regïon del Vero.
Tutto è menzogna e privilegio! Un vanoDi libertade simulacro illude
Le moltitudini ingannate e curveDalla miseria e dagli stenti. Ingordo
Connubïo di furbi e di potentiL'han snaturata questa Italia, e resa
Ludibrio delle genti. Un santüarioEra per noi quest'infelice e bella
Patrïa nostra, e lieti e radïantiSi volava alla pugna, indietreggiando
Le falangi di schiavi al sacro gridoDell'Italia redenta! E dalle labbra
Degl'imberbi caduti ancor s'udíaIl sacrosanto dell'Italia nome
Ora mancipio di perversi, irrisaDalle Nazioni.
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Carme alla Morte
Poema autobiografico
di Giuseppe Garibaldi
Zanichelli Bologna 1911
pagine 105 |
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