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      Era un giovane dai ventisei ai ventotto anni, o al quale almeno, di primo acchito si sarebbe data questa età: poichè, guardandolo con attenzione lo si trovava o più giovane o più vecchio, tanto la sua enigmatica fisionomia mescolava la freschezza e la fatica.
      I suoi capelli di un biondo scuro avevano quelle sfumature dagli Inglesi chiamate auburn, ed il sole accendeva in essi dei riflessi di rame, mentre nell'ombra sembravano quasi neri; il suo profilo presentava delle linee nette, una fronte della quale un frenologo avrebbe ammirato le protuberanze, un naso nobilmente aquilino, delle labbra ben tagliate e un mento il cui deciso rotondeggiare faceva pensare alle medaglie antiche.
      E nonostante, tutte queste linee, belle per loro stesse, non componevano per nulla un insieme aggradevole.
      Mancava loro quella misteriosa armonia che addolcisce i contorni e li fonde gli uni negli altri.
      La leggenda parla di un pittore italiano che volendo ritrarre l'arcangelo ribelle, gli compose un volto di beltà varie e disparate e ne trasse così un effetto di terrore ben più grande che se si fosse servito di corna, di sopraciglia circonflesse e di bocca sghignazzante.
      Il volto dello straniero produceva una impressione di questo genere.
      I suoi occhi sopratutto erano strani; le ciglia nere che li ornavano contrastavano col color grigio delle pupille e col colorito castano dei capelli.
      La sottigliezza delle ossa del naso faceva apparire quegli occhi più riavvicinati di quello che non lo permettono le misure dei principii del disegno e, quanto alla loro espressione, essa era veramente indefinibile.


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Jettatura
di Théophile Gautier
Sonzogno Milano
1910 pagine 113

   





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