Quest'impressione gli fece sognare ch'egli era sempre in mare e che vedeva sul molo Alicia pallidissima, vicina a suo zio cremisi, e che colla mano gli faceva segno di non scendere a terra: il volto della giovane esprimeva un profondo dolore e respingendolo ella pareva obbedire malgrado suo ad una imperiosa fatalità.
Questo sogno, che prendeva dalle immagini recentissime una estrema realtà, addolorò Paolo al punto da svegliarlo ed egli fu felice di ritrovarsi nella sua camera in cui tremolava, con un riflesso d'opale, un lume da notte chiuso in una piccola torre di porcellana assalita dalle zanzare ronzanti.
Per non ricadere in preda a quel sogno penoso; Paolo lottò contro il sonno e si mise a pensare al primo tempo del suo legame con Alicia; rievocando ad una a una tutte le scene puerilmente care d'un primo amore.
Egli rivide la casa tappezzata di rose e di caprifogli, abitata a Richmond da Alicia e da suo zio e in cui, al suo primo viaggio in Inghilterra, era stato introdotto da una di quelle lettere di raccomandazione il cui effetto si limita per lo più ad un invito a pranzo.
Egli si ricordò la veste di bianca mussolina, ornata di un semplice nastro, che Alicia, uscita allora di collegio, portava in quel giorno e il ramo di gelsomino che cadeva lungo i suoi capelli come un fiore della corona di Ofelia, trascinato dalla corrente; e i di lei occhi d'un azzurro vellutato e la sua bocca, un po' semiaperta, che lasciava travedere dei piccoli denti di madreperla e il suo collo delicato che si tendeva come quello d'un uccellino attento e i di lei subitanei rossori allorchè lo sguardo del giovane Francese si incontrava col suo.
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Jettatura
di Théophile Gautier
Sonzogno Milano 1910
pagine 113 |
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