Paolo sur un cavallo bajo prestatogli dal commodoro, accompagnava miss Ward nella sua passeggiata in tondo, ordinatale dal medico che l'aveva trovata un po' debole di petto.
Un'altra volta un leggero canotto scivolava sullo stagno, rimovendo i gigli d'acqua e facendo scappare i martin-pescatori sotto il fogliame inargentato dei salici.
Alicia vogava e Paolo stava al timone: quant'era bella nell'aureola d'oro che le disegnava intorno alla fronte il suo cappello di paglia traversato da un raggio di sole, ella si rovesciava all'indietro per tirare il remo, la punta inverniciata della sua grigia scarpetta s'appoggiava alla tavoletta del banco; miss Ward non aveva uno di quei piedi andalusi corti e rotondi come ferri da stirare che si ammirano in Spagna; ma la sua caviglia era fina, il collo del piede ben curvato e la suola del suo stivaletto, forse un po' lunga, non aveva due dita di larghezza.
Il commodoro restava in terra, non per la sua grandezza, ma pel suo peso che avrebbe fatto sommergere la delicata imbarcazione: egli aspettava la nipote allo sbarco e le gettava uno sciallino sulle spalle, per paura ch'essa si raffreddasse; poi, riattaccata la barca al suo piuolo, tornavano al castello per far colazione.
Faceva piacere a vedere come Alicia, che ordinariamente mangiava quanto un uccello, strappava a morsi coi denti color perla una rosea fetta di giambone di York fino come un foglio di carta, e stritolava un panino senza lasciarne pure una briciola per i pesci dorati del bacino.
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Jettatura
di Théophile Gautier
Sonzogno Milano 1910
pagine 113 |
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