- Vicinissimi al naso, appoggiò Timberio.
- E la ruga che si forma fra le sopraciglia si piega a ferro di cavallo, disse terminando l'istruzione il formidabile Falsacappa; dunque egli è...
- Non pronunziate la parola, è inutile, gridò il coro, meno Scazziga, sempre incredulo; noi ce ne guarderemo.
- Quando penso che la polizia mi darebbe noja, disse Timberio, se per caso io gli lasciassi cadere una cassa di trecento libbre sulla testa, a questo forestiero di mal augurio!
- Scazziga è ben imprudente a condurlo, disse Gelsomina.
- Io sto a cassetta ed egli non mi vede che il dorso; sicchè i suoi sguardi non possono fare coi miei l'angolo voluto. D'altra parte me n'infischio!
- Voi non avete religione, Scazziga, disse il cuoco dalle forme erculee; voi finirete male!
Mentre nella cucina dell'albergo Roma si disputava in tal modo sul conto suo, Paolo, di cattivo umore per la presenza del conte in casa di Alicia, era andato a passeggiare alla Villa Reale; e più d'una volta la ruga della sua fronte s'aggrottò e i suoi occhi presero quello sguardo fisso lor proprio.
Egli credette veder passare Alicia, in una carrozza, col conte e il commodoro; ed egli si precipitò allo sportello, mettendosi le lenti, per esser sicuro che non s'ingannava: non era Alicia, ma una donna che le rassomigliava un po' da lontano.
Soltanto, i cavalli della sua vettura, forse spaventati dal brusco movimento di Paolo, presero la mano.
Paolo scese al caffè d'Europa al largo del palazzo qualcuno l'esaminò attentamente e cangiò di posto facendo un gesto singolare.
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Jettatura
di Théophile Gautier
Sonzogno Milano 1910
pagine 113 |
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