Paolo si sentì preso da una tristezza immensa.
Egli era un mostro!
Per quanto dotato dei più affettuosi istinti e della più buona natura, egli portava la sfortuna con sè; il suo sguardo, pieno involontariamente di veleno, nuoceva a coloro su cui si posava, anche se con una intenzione simpatica.
Egli aveva lo spaventoso privilegio di riunire, di concentrare, di distillare i miasmi morbosi, le dannose elettricità, le fatali influenze dell'atmosfera, per dardeggiarle tutto all'intorno di sè. Infinite circostanze della sua vita, che gli erano sembrate oscure fino allora e di cui egli aveva vagamente accusato il caso; ora si rischiaravano d'una luce livida: egli si ricordava d'ogni sorta di disgrazie enigmatiche, d'infelicità inspiegate, di catastrofi senza motivo del cui mistero ora teneva la chiave: bizzarre concordanze si stabilivano nel suo spirito e lo confermavano nella triste opinione accolta di sè stesso.
Egli rifece la propria vita d'anno in anno; si ricordò di sua madre morta nel dargli la luce, la fine infelice dei suoi piccoli amici di collegio; fra i quali, il più caro, era morto cadendo da un albero su cui egli, Paolo, lo stava a guardare arrampicarsi; quella passeggiata in barchetta così giulivamente intrapresa con due compagni e dalla quale egli era tornato solo, dopo sforzi inauditi per strappar dall'acque i corpi dei poveri ragazzi annegati nel capovolgersi della barca; l'assalto di scherma in cui il suo fioretto, rotto il bottone e cambiato così in spada aveva così disgraziatamente ferito il suo avversario - un giovane da lui molto amato: oh certo, tutto ciò si poteva spiegare ragionatamente e Paolo fino ad oggi aveva fatto così; pure, tutto ciò che v'era di fortuito in questo avvenimento gli pareva dipendesse da un'altra causa dacchè conosceva il libro di Valetta: l'influenza fatale, il fascino, la jettatura dovevano reclamare la loro parte in queste sventure.
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Jettatura
di Théophile Gautier
Sonzogno Milano 1910
pagine 113 |
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Paolo Paolo Valetta
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