Vediamo, zio, in questo momento voi non parlate sul serio: l'affezione che mi portate turba il vostro raziocinio ordinariamente sì retto. Non è vero che voi non avreste coraggio di dire a lui, a Paolo, che gli negate la mano di vostra nipote, da voi già posta nella sua, e che voi nol volete più per genero, sotto il bel pretesto ch'egli è jettatore?
- Per Giosuè, mio patrono, che fermò il sole, gridò il commodoro; se glielo direi! Che m'importa d'esser ridicolo, assurdo, sleale anche, quando ci va della vostra vita forse!? Avevo data parola ad un uomo, non ad un affascinatore. Ho promesso, ebbene, ritiro la promessa, ecco tutto: se non è contento, gliene renderò ragione.
E il commodoro, esasperato, fece il gesto di battersi senza pensare affatto alla gotta che gli tormentava le gambe.
- Sir Ward, voi non farete questo, disse Alicia con una dignità calma.
Il commodoro si lasciò cadere, affranto, nel suo seggiolone di bambù e tacque.
- Ebbene, zio mio, quand'anche questa accusa odiosa e stupida fosse vera, bisognerebbe forse per questo cacciare il signor d'Aspromonte e fargli un delitto d'una infelicità? Non avete voi stesso riconosciuto che il male che poteva produrre non dipendeva dalla sua volontà e che non v'è anima più amante, più generosa e più nobile della sua?
- Non si sposano i vampiri, per quanto buone siano le loro intenzioni, rispose il commodoro.
- Ma tutto ciò è chimera, stravaganza, superstizione: ciò che v'è di vero in questo, disgraziatamente è che Paolo è stato colpito da queste follie, prese sul serio; egli è atterrito, allucinato; crede al suo potere fatale, ha paura di sè stesso, ed ogni piccolo accidente che una volta non curava e di cui oggi si da un'altra ragione, conferma questo convincimento in lui.
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Jettatura
di Théophile Gautier
Sonzogno Milano 1910
pagine 113 |
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