Il conte s'alzò, salutò, risalì in vettura e si fece condurre immediatamente all'albergo di Roma.
Paolo, coi gomiti appoggiati sulla tavola, la testa fra le mani, era immerso nelle più dolorose riflessioni; egli aveva veduto macchiarsi di sangue il fazzoletto di Alicia e sempre più infatuato nella sua idea fissa, egli si rimproverava il suo amore assassino, si rimproverava di accettare il sacrificio di questa bella creatura decisa a morire per lui; e si chiedeva per qual sacrificio sovrumano avrebbe potuto ripagare questa abnegazione sublime.
Paddy interruppe questa meditazione arrecando la carta da visita d'Altavilla.
- Il conte d'Altavilla?! che può egli volere da me? fece Paolo meravigliatissimo. Fatelo entrare.
Allorchè il Napoletano comparve sulla porta, Paolo aveva già posto sulla sua meraviglia quella maschera di glaciale indifferenza che serve alle persone di mondo per nascondere le loro impressioni.
Con una fredda gentilezza egli indicò al conte un canapè, sedette egli stesso, ed attese, in silenzio, cogli occhi fissi sul visitatore.
- Signore, cominciò il conte giuocando coi gingilli dell'orologio, ciò che io debbo dirvi è così strano, così fuor di luogo, così sconveniente, che voi avreste il diritto di gettarmi dalla finestra. Risparmiatemi questa brutalità, perchè son pronto a rendervi ragione come si usa fra gentiluomini.
- V'ascolto, signore, salvo ad approfittare più tardi dell'offerta che mi fate, se i vostri discorsi non mi piacciono, disse Paolo freddissimo.
- Voi siete un jettatore!
| |
Jettatura
di Théophile Gautier
Sonzogno Milano 1910
pagine 113 |
|
|
Roma Alicia Altavilla Altavilla Paolo Napoletano Paolo Paolo
|