A queste parole, un pallore verde coprì subitamente la faccia di d'Aspromonte; una rossa aureola cinse i suoi occhi; i suoi sopracigli si avvicinarono, la ruga della fronte appariva e dalle sue pupille sprizzavano come dei lampi sulfurei; egli s'alzò a mezzo, le mani nervosamente contratte sui bracciuoli della poltrona.
Era così terribile, che Altavilla, per quanto bravo fosse, afferrò uno del piccoli rami di corallo sospesi alla catena del suo orologio e ne diresse istintivamente le punte biforcate verso il suo interlocutore.
Con un supremo sforzo di volontà, Paolo si risedette e disse:
- Avevate ragione, signore: tale è, infatti, la ricompensa che un simile insulto meriterebbe, ma saprò aspettare un'altra riparazione.
- Credete, continuò il conte, che non ho fatto senza gravi motivi, ad un gentiluomo, un affronto come questo, tale che non può lavarsi che col sangue. Io amo miss Alicia Ward.
- Che m'importa?
- Ciò poco v'importa, infatti, perchè voi siete amato; ma io, don Filippo Altavilla, vi proibisco di vedere miss Alicia Ward.
- Non ho ordini da ricevere da voi.
- Lo so: e perciò non spero che m'ubbidirete.
- Che motivo allora vi fa agire?
- Io ho la convinzione che il fascino di cui siete disgraziatamente dotato influisce in modo fatale su miss Alicia. È questa un'idea assurda, un pregiudizio di medioevo, che deve sembrarvi profondamente ridicolo: non lo discuto. I vostri occhi volti su miss Alicia le injettano, malgrado vostro, questo sguardo funesto che la ucciderà. Non ho alcun mezzo per impedir ciò che questo, di sfidarvi.
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Jettatura
di Théophile Gautier
Sonzogno Milano 1910
pagine 113 |
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