Nel suo sogno, essa era sdrajata, ma sveglia, e volgeva gli occhi verso la porta della camera, presentendo che qualcuno stava per entrare. Dopo due o tre minuti d'ansiosa aspettativa, essa aveva visto disegnarsi su l'inquadratura della porta una figura svelta e bianca, che trasparente dapprima e permettendo, come una leggera nebbia, di vederne gli oggetti attraverso, aveva a poco per volta presa maggior consistenza avanzando verso il letto.
L'ombra era vestita d'una lunga veste bianca: lunghe spirali di neri capelli si ripiegavano sul viso pallido, segnato di due piccole macchie rosa agli zigomi: la carne del collo e del petto così bianca che si confondeva colla veste e che non si poteva dire dove finisse la pelle e dove cominciasse la stoffa; un fine cerchio d'oro le chiudeva il collo; la mano pallida e venata d'azzurro teneva un fiore - una rosa thea - i cui petali staccandosi cadevano a terra come lagrime.
Alicia non conosceva sua madre, morta un anno dopo la sua nascita; ma bene spesso ella si era immersa nella contemplazione d'una miniatura dai colori quasi cancellati, che mostrava i toni gialli d'avorio e pallidi come il ricordo dei morti, e che faceva pensare piuttosto al ritratto d'un'ombra che a quello d'una vivente; ed essa comprese che questa donna che entrava così nella camera era Nancy Ward, sua madre. La veste bianca, il collare d'oro, il fiore, i capelli neri, le gote macchiate di rosso; nulla vi mancava. Era proprio la miniatura ingrandita che si moveva nella realtà tutta del sogno.
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Jettatura
di Théophile Gautier
Sonzogno Milano 1910
pagine 113 |
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Nancy Ward
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