I turisti d'ogni nazione che la visitano nella giornata, sono a quest'ora sempre distesi nel letto, stanchi delle escursioni, e l'aurora alzandosi sugli avanzi della città mummia, non vi rischiara alcun volto umano.
Le lucertole sole, dimenando la coda, s'arrampicano lungo i muri, passeggiano pei mosaici infranti, senza atterrirsi del cave canem scritto su la soglia delle case deserte e salutano liete i primi raggi del sole. Sono questi abitanti succeduti ai cittadini antichi e si direbbe che Pompei non è stata dissepolta che per essi.
Strano spettacolo il vedere alla luce rosata del mattino questo cadavere di città colpita in mezzo ai suoi piaceri, ai suoi lavori, alla sua civiltà, e che non ha subito la lenta dissoluzione delle rovine ordinarie; si crede involontariamente che i proprietari di queste case conservate nei loro minimi dettagli stiano per uscire dalle porte coi loro abiti greci o romani, che i carri, di cui si scorgono ancora le rotaje sul pavimento, stiano per ricominciare a rotolare, che i bevitori stiano per rientrare in queste termopili di cui si vede ancora la marca della tessera infissa sul marmo del contatojo.
Si cammina in mezzo al passato come sognando; si legge, in lettere rosse, all'angolo delle strade, l'affisso dello spettacolo del giorno! quel giorno però è passato da diciassette secoli! Alla luce dell'alba, le danzatrici dipinte sui muri sembrano agitare i loro crotali e colla punta del loro piede bianco sollevare come una schiuma rosa lungo le loro vesti, forse credendo che le lampade stiano per riaccendersi per le orgie del triclinium; le Veneri, i Satiri, le figure eroiche o grottesche, animate d'un raggio, tentano rimpiazzare gli abitanti dispersi e fare alla città morta una popolazione dipinta.
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Jettatura
di Théophile Gautier
Sonzogno Milano 1910
pagine 113 |
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Pompei Veneri Satiri
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