Un'ombra fitta, opaca, in paragone della quale la più cupa notte è splendido giorno, lo avvolgeva tutta del suo velo nero; egli volse il capo verso il camino, sul quale dovevano ardere ancora le candele, e non vide che tenebre dense, impenetrabili, ove non tremolavano neppure quei vaghi splendori che chi vede scorge se chiude gli occhi allorchè è presso ad un lume.
Il sacrificio era consumato!
- E ora, disse Paolo, nobile e dolce creatura, potrò divenir tuo senza essere un assassino. Tu non deperirai più eroicamente sotto il mio sguardo funesto: riprenderai la tua bella salute: ohimè, io non ti vedrò più, ma la tua imagine celeste risplenderà d'una luce immortale nel mio ricordo: ti vedrò cogli occhi dell'anima, sentirò la tua voce più armoniosa di qualunque musica, sentirò l'aria mossa dai tuoi movimenti, ascolterò il fremito serico della tua veste, aspirerò il tuo profumo leggiero che emana da te e ti fa come un'atmosfera. Qualche volta tu lascerai la tua mano nelle mie per convincermi della tua presenza, e ti degnerai guidare il tuo povero cieco, allorchè il piede suo sarà incerto sul cammino oscuro: tu gli leggerai i poeti, gli dirai i quadri e le statue. Colla tua parola, gli renderai l'universo perduto: tu sarai il suo solo pensiero, il suo solo sogno: privo della distrazione delle cose e dello stordimento della luce, la sua anima volerà verso te con ali infaticabili.
Che ho io da rimpiangere, se tu sei salva? che ho io perduto? lo spettacolo monotono delle stagioni e dei giorni, la vista delle scene più o meno pittoresche ove si svolgono i cento atti diversi della triste commedia umana!
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Jettatura
di Théophile Gautier
Sonzogno Milano 1910
pagine 113 |
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Paolo
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