Egli attraversò il giardino d'un passo pesante, uscì nella campagna e camminò innanzi, barcollando e prestando orecchio come per afferrare un rumore lontano ma che avanzava sempre più.
La gran voce del mare risuonava sempre più distinta: le onde, sollevate da un vento tempestoso, si rompevano sulla riva con degli immensi singhiozzi, espressione di sconosciuti dolori, e gonfiavano, sotto le pieghe di schiuma, i loro petti disperati; milioni di lagrime amare piovevano sugli scogli e gli alcioni inquieti urlavano con gridi lamentevoli.
Paolo giunse ben presto alla sommità d'uno scoglio a piombo sulle acque.
Il rumore dei flutti, la pioggia che il vento strappava al mare e gli gettava in faccia, avrebbe dovuto avvertirlo del pericolo: ma egli non se ne curò: uno strano sorriso increspò le sue labbra pallide ed egli continuò il suo cammino sinistro ancorchè sentisse il vuoto sotto il suo piede.
Egli cadde: un'onda enorme lo afferrò, lo avvolse per qualche secondo nei suoi gorghi e poi l'inghiotti.
La tempesta scoppiò allora in tutta la sua furia; le onde, come guerrieri all'assalto, assalirono la riva sollevando nembi di fumo; le nubi nere si distesero come muraglie infernali, lasciando scorgere fra le loro fessure l'ardente fornace dei lampi: splendori sulfurei, acciecanti illuminarono la vasta distesa; la sommità del Vesuvio si fece rossa e un pennacchio di cupo vapore, spiegato dal vento, ondeggiò sul cratere. Le barche cozzavano fra loro con rumori lugubri e le corde tese cigolavano fragorosamente.
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Jettatura
di Théophile Gautier
Sonzogno Milano 1910
pagine 113 |
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Vesuvio
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