comunicatemi dal virtuoso dilettanteSig. Giovanni Battista Vissei
in una compitissima sua letterada Chiavari 22 novembre 1811.
Eccole francamente quelle poche osservazioni che ora ho avuto luogo di fare sul linguaggio musicale, trovandomi privo in questo momento di alcuni scritti, in cui forse con miglior ordine aveva tentato di spargere queste ed altre mie consimili idee, che sottometto interamente al di lei inappellabile giudizio.
Cantando ho impiegato tutto il mio studio a parlare la musica. Nelle mie composizioni ho cercato d'imitare la natura e di prevenire coll'istrumentazione il sentimento del poeta, secondarlo e seguitarlo dipingendo sempre con questo linguaggio musicale la situazione vera dell'attore, e poco curandomi di formare del periodo, pių aria, che cavatina, o recitativo, ma impiegando l'uno e l'altra quando il sentimento lo esigeva; evitando ogni replica di parola, se questa non accresceva forza al sentimento, e nulla curandomi poi, che sieno comprese in un'aria pių dieci che cento misure. Mi sono dunque sempre figurato sott'occhio la vera situazione dell'attore tanto per dipingere l'azione, quanto la declamazione, persuaso che la musica imitativa non č che un grado di declamazione pių elevato dell'ordinario, e riflettendo che l'addio d'un amante č assai diverso da quello d'un eroe, o d'un amico; facendo ben distinguere col canto e con una pronunzia la pių esatta la vera forza della parola e del sentimento, esprimendo con dolcezza: so perdonar le offese, e con forza ma so punirle ancor, ed in maniera tale che l'uditore resti sempre nell'illusione di credermi l'attore che rappresento, e di non destarlo mai da questa illusione medesima con passaggi non adattati all'espressione non della parola, ma del periodo; senza di che non si ottengono che de' pezzi di musica staccati, che destano l'uditore dall'illusione in cui deve restare continuamente per interessarsi alle passioni o immagini che si vogliono ispirargli.
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Battista Vissei Chiavari
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