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      Appena arrolato, se gli dava il giuramento con ogni solennità. Prometteva di non mai abbandonare la sua insegna, di sottomettere il proprio volere ai comandi de' suoi condottieri, e di sacrificare la vita per la salvezza dell'Imperatore e dell'Impero(49). L'affetto delle truppe romane per le loro insegne, era loro inspirato dalla doppia influenza della religione e dell'onore. L'Aquila d'oro, che riluceva alla testa della legione, era argomento della loro più tenera divozione; nè si riputava cosa meno empia che infame, l'abbandonare quella sacra insegna nel tempo del pericolo(50). Questi motivi, che dovevano la loro forza alla immaginazione, erano avvalorati da timori e da speranze di un genere più sostanziale. La paga regolare, i donativi nelle diverse occasioni, ed una sicura ricompensa alla fine del servizio, alleggerivano le asprezze della vita militare(51), mentre dall'altra parte era impossibile alla codardia o alla disobbedienza di schivare il più severo castigo. I Centurioni potevano castigare con le percosse; i Generali avevano diritto di punir con la morte; ed era massima inflessibile della disciplina romana, che un buon soldato dovea temere i suoi uffiziali più che i nemici. Da tali lodevoli artifizj il valore delle truppe imperiali ricevè un grado di fermezza e di docilità, di cui non eran capaci le impetuose ed irregolari passioni dei Barbari.
      E non ostante i Romani eran sì persuasi dell'imperfezione del valore, disgiunto dalla perizia e dalla pratica, che nella lor lingua il nome di una armata era tratto dalla parola che significa esercizio(52). Gli esercizj militari erano l'importante e continuo oggetto della lor disciplina.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Primo
di Edoardo Gibbon
pagine 475

   





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