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      Cicerone condiscese a trattare le armi della ragione e dell'eloquenza contro tali indegni avversarj; ma la Satira di Luciano fu un'arme più adeguata, ed altrettanto più efficace. Si può ben credere che uno scrittore, il quale praticava nel mondo, non si sarebbe mai arrischiato ad esporre gli Dei del suo paese alle risa del pubblico, se questi non fossero già stati l'oggetto del secreto disprezzo fra gli ordini più colti ed illuminati della società(116).
      Non ostante la irreligiosità di moda, che regnava nel secolo degli Antonini, l'interesse dei sacerdoti, non meno che la credulità del popolo erano tenuti in sufficiente rispetto. Negli scritti e nei discorsi loro i filosofi dell'antichità sostenevano l'indipendente dignità della ragione, ma uniformavano le loro azioni ai comandi delle leggi e dei costumi. Riguardando con un riso di compassione e d'indulgenza i varj errori del volgo, praticavano diligentemente le cerimonie dei loro padri, frequentavano devotamente i tempj degli Dei; e talvolta condescendendo a fare la lor parte sul teatro della superstizione, coprivano i sentimenti di un ateo sotto le vesti sacerdotali. Ragionatori di questa tempra non eran molto inclinati a disputare circa le loro rispettive maniere di fede o di culto. Era indifferente per loro qual forma prender volesse la follia della moltitudine; e s'accostavano con lo stesso interno disprezzo e con la stessa reverenza esterna agli altari dei Giove Libico, dell'Olimpico o del Capitolino(117).
      Non è facile il concepire per quali motivi uno spirito di persecuzione si sarebbe introdotto nei concilj romani.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Primo
di Edoardo Gibbon
pagine 475

   





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