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      I magistrati non potevano essere animati da una cieca sebbene onesta devozione, giacchè i magistrati stessi eran filosofi; e le scuole di Atene aveano dato le leggi al Senato. Non potevano essere incitati dall'ambizione dall'avarizia, giacchè la potestà temporale e l'ecclesiastica erano unite nelle stesse mani. I pontefici erano scelti tra i più illustri dei senatori, e l'uffizio di sommo pontefice era costantemente esercitato dagl'Imperatori medesimi. Essi conoscevano e valutavano i vantaggi della religione in quanto ella è connessa col governo civile. Incoraggiavano le pubbliche feste, che rendono più umani i costumi del popolo. Si servivano delle arti della divinazione, come di un utile strumento di politica; e rispettavano come il più saldo legame della società la giovevole persuasione, che il delitto dello spergiuro viene infallibilmente punito in questa vita o nell'altra dai Numi(118) vendicatori. Ma mentre riconoscevano i vantaggi generali della religione, eran persuasi che la diversità dei culti contribuiva ugualmente ai medesimi salutevoli fini; e che in ogni paese la forma della superstizione, che avea ricevuta la sanzione del tempo e dell'esperienza, era la più acconcia al clima ed a' suoi abitatori. L'avarizia ed il buon gusto bene spesso rapivano alle vinte nazioni le eleganti statue dei loro Numi, ed i ricchi ornamenti dei loro tempj(119), ma nell'esercizio della religione dei loro antenati, esse generalmente provavano l'indulgenza, anzi la protezione dei conquistatori romani.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Primo
di Edoardo Gibbon
pagine 475

   





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