Se essa avesse sempre ristretta la distinzione di cittadini romani nelle antiche famiglie dentro le mura della città, quel nome immortale sarebbe andato privo d'alcuno dei suoi nobili ornamenti. Virgilio era nativo di Mantova: Orazio era disposto a dubitare se chiamar si dovesse Pugliese o Lucanio: in Padova si trovò uno Storico degno di raccontare la serie maestosa delle vittorie romane. La famiglia dei Catoni, tanto amante della patria, venne da Tusculo; e la piccola città di Arpino si vantò del doppio onore di aver prodotto Mario e Cicerone, il primo dei quali meritò, dopo Romolo e Camillo, di esser chiamato il terzo fondatore di Roma; ed il secondo, dopo aver salvata la sua patria dalla congiura di Catilina, la rendette capace di contendere con Atene la palma dell'eloquenza(136).
Le province dell'Impero (come esse sono state descritte nel precedente capitolo) erano prive di ogni pubblica forza, o libertà costituzionale. Nell'Etruria, nella Grecia(137) e nella Gallia(138), la prima cura del Senato fu di sciogliere quelle pericolose confederazioni, le quali insegnavano agli uomini, che come le armi romane erano state vittoriose per le altrui divisioni, così l'unione sola poteva ad esse far resistenza. Quei Principi, ai quali l'ostentazione di gratitudine o di generosità permetteva per qualche tempo di reggere uno scettro precario, venivan balzati dai loro troni, appena avean soddisfatto all'incarico loro ingiunto di avvezzare al giogo le vinte nazioni. Gli Stati liberi e le città, le quali avevano abbracciata la causa di Roma, erano ricompensate con un'alleanza di nome, ed insensibilmente cadevano in una real servitù. La pubblica autorità era per ogni dove esercitata dai ministri del Senato e degl'Imperatori, e quest'autorità era assoluta e senza freno.
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