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      Questa differenza distingueva le due porzioni dell'Impero con una diversità di colori, la quale sebbene fu in qualche parte nascosta, durante il chiaro splendore di prosperità, divenne più visibile a misura che le ombre della notte scesero sul Mondo romano. Le contrade occidentali furon tratte a civiltà dalle stesse mani che lo sottomisero. Appena i Barbari furon ricondotti alla obbedienza, le loro menti si aprirono a tutte le nuove impressioni delle scienze e della cultura. La lingua di Virgilio e di Cicerone, sebbene con qualche inevitabil mescuglio di corruzione, fu così universalmente adottata nell'Affrica, nella Spagna, nella Gallia, nella Britannia(147) e nella Pannonia, che soltanto nelle montagne, o tra i contadini si conservarono le deboli tracce della lingua punica o della celtica(148). L'educazione e lo studio inspirarono insensibilmente ai nativi di quei paesi i sentimenti dei Romani, e l'Italia diede le mode, come le leggi ai suoi provinciali latini. Essi ricercarono con maggiore ardore, ed ottennero con maggior facilità il titolo e gli onori di cittadino romano: sostennero la dignità della nazione nelle lettere(149) e nelle armi: ed al fine produssero nella persona di Traiano un Imperatore che gli Scipioni non avrebbero ricusato per loro concittadino. La situazione dei Greci era ben diversa da quella dei Barbari. I primi erano stati già da gran tempo inciviliti e corrotti. Essi aveano troppo buon gusto per abbandonare la loro lingua, e troppa vanità per adottare alcuna istituzione straniera.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Primo
di Edoardo Gibbon
pagine 475

   





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