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      È osservazione giusta, sebben comune, che la vittoriosa Roma fu ella stessa soggiogata dalle arti della Grecia. Quegli immortali Scrittori, che fanno ancora l'ammirazione della moderna Europa, presto divennero l'oggetto favorito dello studio e dell'imitazione nell'Italia e nelle province occidentali. Ma non portavano danno le geniali occupazioni dei Romani alle radicate massime della loro politica. Mentre riconoscevano le bellezze della lingua greca, sostenevano la dignità della latina; e l'uso esclusivo della seconda fu conservato inflessibilmente nell'amministrazione sì del governo civile, che del militare(154). I due linguaggi esercitavano nel tempo stesso la loro separata giurisdizione per tutto l'Impero; il primo come naturale idioma delle scienze, il secondo come il dialetto legale degli atti pubblici. Quelli che univano le lettere agli affari, erano egualmente versati nell'uno e nell'altro; ed era quasi impossibile in qualunque provincia di trovare un suddito romano di una educazion liberale, che non sapesse nel tempo stesso la lingua greca e la latina.
      Con tali regolamenti le nazioni dell'Impero insensibilmente si confusero nel nome e nel popolo romano. Ma vi restava ancora nel centro di ogni provincia e di ogni famiglia una infelice classe di uomini, che sopportavano il peso senza godere dei benefizj della società. Negli Stati liberi delle antiche Repubbliche, gli schiavi domestici erano esposti al capriccioso rigore del dispotismo. Al perfetto stabilimento dello Impero romano avean preceduto i secoli della violenza e della rapina.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Primo
di Edoardo Gibbon
pagine 475

   





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