Sotto il regno di questi mostri la schiavitù dei Romani fu accompagnata da due circostanze particolari; la prima derivata dalla loro antica libertà, l'altra dalle loro estese conquiste, onde si rendè la lor condizione più compiutamente misera che quella delle vittime della tirannia in qualunque altro secolo o paese. Queste cagioni produssero la squisita sensibilità degli oppressi, e l'impossibilità di fuggir dalle mani dell'oppressore.
I. Quando la Persia era governata dai discendenti di Sefi, Principi che con brutal crudeltà lordavano spesso il lor Divano, la mensa, ed il letto col sangue dei lor favoriti, si racconta il detto di un giovane gentiluomo, ch'egli non mai si partiva della presenza del Sultano, senza toccarsi la testa, quasi dubitando se gli stesse ancora sul collo. L'esperienza di ogni giorno poteva giustificare lo scetticismo di Rustano(272). Ciò non ostante la spada fatale, sospesa sopra il suo capo con un sol filo, non pare che turbasse il sonno, o alterasse la tranquillità del Persiano. Sapeva che uno sguardo del Monarca poteva ridurlo in polvere, ma un colpo di fulmine o di apoplessia poteva tornargli egualmente mortale; ed era dovere di un uomo saggio lo scordarsi delle calamità inevitabili della vita in mezzo ai piaceri dell'ore fugaci. Si gloriava di esser chiamato schiavo dei Re; egli comprato forse da oscuri parenti in un paese non mai da lui conosciuto, allevato dalla sua fanciullezza nella severa disciplina del serraglio(273). Il suo nome, la sua ricchezza, i suoi onori eran dono di un padrone che poteva senza ingiustizia riprendersi ciò che gli avea donato.
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