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      In tutta questa spedizione concesse appena pochi momenti al riposo ed al cibo; marciando a piedi, e coll'intera armatura, ed alla testa delle sue colonne, s'insinuava nella confidenza e nell'amore delle truppe, ne accresceva l'attività, animando il loro coraggio e le loro speranze; ed avea piacere per fino di esser a parte delle fatiche di ogni comune soldato, rappresentandogli sempre per altro la grandezza della ricompensa.
      Lo sventurato Giuliano, che si aspettava e si credea preparato a disputare l'Impero con il governator della Siria, vide inevitabile la sua rovina all'avvicinarsi delle rapide ed invincibili legioni della Pannonia. L'arrivo precipitoso di ogni corriere accresceva i suoi giusti timori. Gli fu successivamente annunziato che Severo avea passate le Alpi; che le città dell'Italia non volendo, o non potendo opporsi ai suoi progressi, lo avean ricevuto con le più vive proteste di gioia e sommissione; che la piazza importante di Ravenna si era renduta senza resistenza, e che la flotta adriatica era in potere del conquistatore. Il nemico ora allora a dugentocinquanta miglia da Roma, ed ogni momento accorciava il breve tempo accordato alla vita ed all'Impero di Giuliano.
      Procurò egli, per altro, di prevenire o di prolungare almeno la sua rovina. Implorò la fede venale dei Pretoriani, empiè la Capitale di vani preparativi di guerra, tirò delle linee intorno ai sobborghi; e si fortificò perfino nel palazzo, come se fosse stato possibile, senz'alcuna speranza di soccorso, di difendere queste ultime trincere contro il vittorioso invasore.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Primo
di Edoardo Gibbon
pagine 475

   





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