Gl'Istorici greci del secolo degli Antonini(408) osservarono con un maligno piacere, che sebbene il Sovrano di Roma, per rispetto ad un antico pregiudizio, si fosse astenuto dal prendere il nome di Re, ne possedeva per altro il potere in tutta quanta l'ampiezza. Sotto il regno di Severo, il Senato fu ripieno di culti ed eloquenti schiavi, venuti dalle province orientali, che giustificavano l'adulazione personale, riducendo la servitù a principj speculativi. Questi nuovi avvocati del dispotismo erano con piacere ascoltati dalla Corte, e con pazienza dal popolo quando inculcavano i doveri dell'obbedienza passiva, e deploravano le calamità inevitabili, che accompagnano la libertà. I giureconsulti, e gl'istorici si accordavano ad insegnare, che l'autorità imperiale non si appoggiava ad una commissione delegata, ma alla irrevocabil renunzia del Senato, e che l'Imperatore, libero dal vincolo delle leggi civili, avea un pieno arbitrio sulla vita, e su i beni dei sudditi, e potea disporre dell'Impero come del suo privato patrimonio(409). I più illustri giureconsulti, e specialmente Papiniano, Paulo ed Ulpiano fiorirono sotto i Principi della famiglia di Severo, e la romana giurisprudenza, strettamente unita col sistema della monarchia, parve essere giunta all'ultimo grado di maturità e di perfezione.
I contemporanei di Severo alla tranquillità ed alla gloria del suo Regno perdonarono le crudeltà, che lo condussero al trono. Ma i posteri, che provarono gli effetti funesti delle massime, e dell'esempio di lui, giustamente lo considerano come il principale autore della decadenza dell'Impero romano.
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