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      Era fin allora stata particolare felicità dei Romani, e consolazione loro ne' più infelici tempi che le virtù degl'Imperatori fossero piene di attività, e pieni d'indolenza i lor vizj. Augusto, Traiano, Adriano, e Marco Aurelio visitarono in persona i loro vasti dominj, ed il loro passaggio era segnato con atti di sapienza e beneficenza. La tirannide di Tiberio, di Nerone, e di Domiziano, che quasi costantemente risederono in Roma, o nelle ville adiacenti, fu ristretta negli ordini senatorio ed equestre(442). Ma Caracalla si mostrò il nemico comune del genere umano. Lasciò la Capitale (nè mai più vi fece ritorno) circa un anno dopo la morte di Geta. Passò il resto del suo regno nello diverse province dell'Impero, particolarmente nelle orientali, ed ogni provincia divenne a vicenda il teatro della sua rapina e della sua crudeltà. I Senatori, forzati dal timore a secondare tutti i suoi capricci, erano obbligati di preparargli ogni giorno con immense spese nuovi divertimenti, che con disprezzo abbandonava alle sue guardie, e ad erigere in ogni città palazzi e teatri magnifici, ch'egli o sdegnava di visitare, o comandava che tolto fossero demoliti. Le più ricche famiglie furono rovinate con tasse e confiscazioni private, mentre il corpo intero dei sudditi il era oppresso" da ricercate e gravose imposizioni(443). In mezzo alla pace, e per una leggierissima offesa egli comandò uno scempio generale in Alessandria di Egitto. Da un posto sicuro nel tempio di Serapide, contemplava e regolava la strage di molte migliaia di cittadini e di stranieri, senza avere riguardo alcuno al numero, o alla colpa di quegl'infelici; giacchè (com'egli freddamente ne scrisse al Senato) tutti gli Alessandrini, e quelli ch'erano periti, e quelli che si erano salvati, meritavano ugualmente la morte(444).


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Primo
di Edoardo Gibbon
pagine 475

   





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