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      Mentre da una compagnia di donne e di eunuchi si concertava la congiura con prudenza, e si conduceva con vigorosa rapidità, Macrino che con un moto decisivo avrebbe potuto schiacciare il suo nemico fanciullo, ondeggiava fra i due opposti estremi del terrore e della sicurezza, che lo ritenevano ad Antiochia nell'indolenza. Lo spirito di ribellione si diffuse per tutti i campi e tutte le guarnigioni della Siria: diversi distaccamenti successivamente uccisero i loro uffiziali(457), e si unirono ai ribelli; e la tarda restituzione, che fece Macrino della paga e dei privilegi militari, fu attribuita alla nota sua debolezza. Egli finalmente partì d'Antiochia per incontrarsi col giovane rivale, la cui armata, piena di zelo, diventava ogni giorno più formidabile. Le truppe di Macrino si presentarono alla battaglia senza ardore e con qualche ripugnanza, ma nel calore del combattimento(458) le guardie Pretoriane, quasi per un impulso involontario, sostennero la superiorità del loro valore e della lor disciplina. Le file dei ribelli erano già rotte, quando la madre e l'ava del Principe siro (che secondo il costume orientale seguitavan l'esercito) si gettarono dai loro coperti carri, ed eccitando la compassione dei soldati, procurarono di rianimarne il cadente coraggio. Antonino stesso, che nel resto della sua vita non fece mai azioni da uomo, in quella importante crisi del suo destino operò da eroe. Montò a cavallo, ed alla testa delle riordinate sue truppe si scagliò colla spada in pugno dove erano più folti i nemici; mentre l'eunuco Ganni, le cui occupazioni fino allora s'erano confinate alla cura del serraglio, ed all'effeminato lusso dell'Asia, spiegava i talenti di un Generale abile e sperimentato.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Primo
di Edoardo Gibbon
pagine 475

   





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