Ma fu vana la sua prudenza, e funesto il suo coraggio; poichè i tentativi di una riforma non servirono che ad irritare quei mali, ch'egli intendeva di guarire.
I Pretoriani erano sinceramente affezionati al giovane Alessandro, lo amavano come un tenero pupillo, ch'essi avevano salvato dal furore di un tiranno, e collocato sul trono imperiale. Questo amabile Principe non aveva obbliato i loro servizj. Ma siccome la ragione e la giustizia mettevano limiti alla sua gratitudine, i Pretoriani furono presto più malcontenti delle virtù di Alessandro, di quello che lo fossero stati dei vizj di Elagabalo. Il savio Ulpiano, loro Prefetto, era amico delle leggi e del popolo, ma veniva considerato come nemico dei soldati, e s'imputava ai perniciosi di lui consigli ogni disegno di riforma. Un leggiero accidente cangiò in una fiera sedizione il loro disgusto; e mentre il popolo riconoscente difendeva la vita di quell'eccellente ministro, Roma fu per tre giorni esposta a tutti gli orrori della guerra civile. Atterrito finalmente il popolo dalla vista d'alcune case incendiate, e dalle minacce d'un incendio generale, cedè sospirando, e rilasciò il virtuoso Ulpiano al suo sfortunato destino. Fu egli inseguito sin dentro il palazzo imperiale, e trucidato ai piedi del suo Signore, che invano si sforzava di coprirlo col suo manto, e di ottenerne il perdono da quegl'inesorabili soldati. Tale era la deplorabile debolezza del Governo, che l'Imperatore non potè vendicare il suo trucidato amico o la sua insultata maestà, senza ricorrere alle arti della pazienza e della dissimulazione.
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